sabato 18 aprile ore 21.00
scritto da Ferdinando Imposimato, Ulderico Pesce
interpretato e diretto da Ulderico Pesce
interventi in video del giudice Ferdinando Imposimato
PigrecoDelta – distribuzione teatrale
“Non l’hanno ucciso le Brigate Rosse, Moro e i ragazzi della scorta furono uccisi dallo Stato.”
Questa frase è il fulcro dell’azione scenica ed è documentata dalle indagini del giudice Ferdinando Imposimato, titolare dei primi processi sul caso Moro, che nello spettacolo compare in video interagendo con il protagonista. Il titolo dello spettacolo è “moro” con la ‘m’ minuscola a voler sottolineare che nel cognome del grande statista c’è la radice del verbo ‘morire’. Come se la ‘morte’ di ‘Moro’ fosse necessaria per bloccare energie politiche alternative a quelle in auge e per lasciare spazio alle carriere di alcuni suoi colleghi. Moro sente che ‘altri’ vogliono la sua morte e lo scrive in una delle ultime lettere che fanno da leit motiv dello spettacolo: “Il mio sangue ricadrà su di voi, sul partito, sul Paese. Chiedo che ai miei funerali non partecipino né Autorità dello Stato, né uomini di partito. Chiedo di essere seguito dai pochi che mi hanno voluto veramente bene e sono degni di accompagnarmi con la loro preghiera e con il loro amore”.
“Un altro spettacolo su Moro? Non se ne può più.” – direte. Avete ragione. Più che di spettacoli sul caso Moro c’è la necessità di sapere la verità sulla sua morte. Questo nostro lavoro vuole prima di tutto contribuire alla scoperta della verità e alla sua divulgazione. È un po’ altezzoso il fine ma le recenti scoperte e rivelazioni del giudice Ferdinando Imposimato, titolare dei primi processi sul caso Moro, vanno verso la costruzione di una chiara verità: Moro doveva morire.
Le nuove rivelazioni del giudice Imposimato rappresentano la base contenutistica del testo che abbiamo scritto dove però le scoperte del giudice sono intrecciate con la vita di Iozzino, Ricci e Zizzi, tre membri della scorta. Raffaele Iozzino era il poliziotto che riuscì a sparare due colpi contro i terroristi. Domenico Ricci era l’autista di fiducia di Moro. Francesco Zizzi era poliziotto, ma soprattutto grande chitarrista e cantante di piano bar. Era al suo primo giorno di lavoro avendo sostituito, proprio quella mattina, la guardia titolare che aveva presentato un certificato medico. Nelle parole e nelle azioni di Ciro Iozzino, fratello di Raffaele, protagonista dello spettacolo, abbiamo voluto descrivere le ansie e la disperazione di un ragazzo del sud a cui strappano parte importante della vita.
Con la figura della mamma di Raffaele, continuamente evocata, abbiamo voluto far parlare la disperazione di una mamma che non riesce a darsi pace, una mamma che vede il figlio partire per servire lo Stato e che rimane ad aspettare la verità da più di trent’anni. Nello stesso tempo crediamo che questo lavoro contribuisca ad informare sulle ‘colpe’ di Francesco Cossiga e Giulio Andreotti che “non hanno voluto salvare Moro”.
Ulderico Pesce