venerdì 19 aprile ore 21 | teatro
la fabbrica dell’attore – Teatro Vascello
Centro Teatrale Bresciano
ROMA ORE 11
di Elio Petri
con Sonia Barbadoro, Alvia Reale, Sandra Toffolatti, Corinna Lo Castro
regia Mitipretese
luci e impianto scenico Mauro De Santis
direzione musicale Sandro Nidi
con canti dal vivo della tradizione popolare italiana e musiche originali
Premio ETI Gli Olimpici del teatro come “migliore spettacolo di innovazione”
Premio Sesterzio d’argento consegnato da Luigi Magni come “migliore adattamento teatrale di un’opera cinematografica”
In scena, l’Italia del dopoguerra, della disoccupazione, del boom edilizio, di datori di lavoro che pretendono ogni tipo di lavoro dalle loro segretarie. Un’indagine sulla condizione femminile degli anni ’50 che racconta un’Italia lontana e ingenua e allo stesso tempo, sorprendentemente, racconta anche l’Italia di oggi con le sue miserie, i suoi piccoli sogni, i suoi grandi problemi di lavoro
“Signorina giovane, intelligente, volenterosissima, attiva, conoscenza dattilografia, miti pretese, per primo impiego cercasi”. Questo l’annuncio per un unico posto di lavoro al quale avevano risposto 200 ragazze a Roma, nel 1951. La scala della palazzina di via Savoia 31, dove dovevano presentarsi, però, alle 11, crolla. Una di loro muore, 77 rimangono ferite. Da qui prende spunto Roma ore 11. Lo spettacolo è tratto dal libro che Elio Petri, allora giornalista, scrisse mettendo insieme il materiale di un’inchiesta da lui stesso condotta, per conto del regista Giuseppe De Santis, il quale nel 1952 ne fece un film molto bistrattato per la realtà scottante che proponeva. La pellicola, infatti, fu esclusa dal Festival del Cinema. Un reportage giornalistico, un libro, un film. Ora anche uno spettacolo teatrale. Ad essere raccontata – a 360 gradi – è l’Italia del dopoguerra, della disoccupazione, del boom edilizio, di datori di lavoro che pretendono ogni tipo di lavoro dalle loro segretarie… Ma quel mondo è davvero lontano mezzo secolo da noi? Le quattro attrici che interpretano e dirigono lo spettacolo, brave e talentuose, si trasformano in personaggi vivi e concreti. Giovani donne, le loro famiglie, i portieri dei palazzi e la varie umanità che incontrano restituiscono una ricchezza e una diversità di psicologie, un linguaggio vivo e fiorito, per niente letterario e che non scade mai nell’oleografia. E nonostante parlino di miseria e di guerra appena passata, la forza vitale di questi personaggi e la leggerezza con cui vengono raccontati fanno sì che spesso ci si sorprenda a ridere insieme a loro. È un’Italia lontana e ingenua che parla di come erano i nostri padri e le nostre madri, eppure sorprendentemente racconta anche l’Italia di oggi con le sue miserie, i suoi piccoli sogni, i suoi grandi problemi di lavoro.
Il Testo
Pur non essendo un testo scritto per il teatro, Petri tratteggia dei personaggi vivi e concreti, pronti per essere recitati.
Le giovani donne, le loro famiglie, i portieri dei palazzi e l’umanità che incontra ci restituiscono una ricchezza e una diversità di psicologie, un linguaggio vivo e fiorito, per niente letterario. E nonostante parlino di miseria e di guerra appena passata, la forza vitale di questi personaggi e la leggerezza con cui vengono raccontati, fanno sì che spesso ci si sorprenda a ridere insieme a loro. E’ un’Italia lontana e ingenua, che parla di come erano i nostri padri e le nostre madri, eppure sorprendentemente racconta anche l’Italia di oggi con le sue miserie, i suoi piccoli sogni, i suoi grandi problemi di lavoro.
Lo Spettacolo
In un allestimento scenografico semplice ed essenziale e con l’aiuto di canti popolari e proiezioni video, le attrici assumono di volta in volta tutti i ruoli del testo compreso il personaggio autore-narratore Elio Petri. Tale semplicità permette allo spettacolo di adattarsi facilmente a spazi scenici anche non convenzionali. Il nostro interesse è anche quello di valorizzare con un serio lavoro d’attore le parole e le riflessioni di un grande regista del nostro cinema migliore che pare essere già dimenticato. Con questo libro Elio Petri ha prodotto una scrittura ricca e potente da condividere con il pubblico.
Il Progetto
“La spinta iniziale che ci ha fatte incontrare è stata la voglia condivisa di trovare un luogo e un tempo per “fare un teatro” che ci appartenesse di più. Lo spazio ce l’ha prestato la signora Lidia. E’ un vecchio magazzino che sta al ghetto e fino allo scorso anno ospitava la falegnameria “ditta Pavoncello”. E così abbiamo avuto una sala prove. All’inizio abbiamo fatto i conti con il vuoto, con la banalità, con la paura e la pigrizia. Ci siamo trovate per la prima volta a fare una regia, ad avere la responsabilità di cosa portare in scena e di come farlo. E tutto questo insieme: quattro attrici che si confrontano, che si parlano, che litigano, con la volontà di fare davvero un lavoro in comune, senza un “capo”. Tutte cose non facili. E mentre cercavamo testi teatrali che parlassero di un femminile diverso dai soliti ruoli madre-amante-moglie ci siamo imbattute in “Roma ore 11”. Appassionandoci a quel mondo e a quelle storie, quasi per scoprire cosa fosse successo nel frattempo, come e quanto fossimo cambiati, ci è venuta la curiosità di tornare nei quartieri di Roma e di parlare con le ragazze che oggi hanno vent’anni: quali sono le loro aspettative sul lavoro, i loro sogni, le loro paure? Sorprendentemente le loro risposte non sono state così diverse e lontane da quelle delle ragazze di via Savoia. In quei giorni del ’51, tra l’altro, Roma era una città in stato d’assedio. Si aspettava l’arrivo di Eisenhower per cementare l’adesione italiana al Patto Atlantico che avrebbe anche significato l’ingresso in guerra contro la Corea. Le strade della città erano piene di polizia e manifestanti che inneggiavano alla pace. Inoltre fondamentale è stato l’incontro con Giovanna, una delle “vere” ragazze di via Savoia, che con la sua generosa testimonianza e la sua straordinaria umanità ci ha permesso di entrare più profondamente in quel mondo restituendoci anche il senso ultimo e vivo del nostro lavoro. Così “Roma ore 11” è diventato un progetto. E la prima tappa di un lungo lavoro.” Manuela Mandracchia