17/05/2022 - 25/05/2022 Incontro, Teatro

Rassegna Lo capisce anche unə bambinə

un progetto del Teatro Biblioteca Quarticciolo
in collaborazione con Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli, Biblioteche di Roma, Municipio V_Roma Capitale

17 maggio ore 18.30 | Incontro
Storia di una famiglia inconcepibile
Dialogo a partire da Lo capisce anche un bambino. Storia di una famiglia inconcepibile di Mattia Zecca (Feltrinelli).

Intervengono:
Mattia Zecca
Mario Colamarino, presidente Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli
Maddalena Grassadonia, coordinatrice UFFICIO DIRITTI LGBT+ di Roma
Alessia Crocini, presidente Famiglie Arcobaleno

coordina:
Marzia Grasso, assistente sociale Municipio V – Roma Capitale

“Un figlio è sempre una scoperta che muta la geografia del tuo mondo.” E il mondo che questo libro invita a esplorare è quello raccontato dalla voce di un padre, ma osservato con gli occhi di Lorenzo e Martino, due bimbi che condividono la stessa cameretta, la stessa storia di amore, determinazione e cura e, soprattutto, gli stessi genitori: papà Mattia e papà Nicola. È la storia vera, insomma, di una famiglia come le altre: una famiglia felice che, convinta di essere trasparente, una tra le tante, scopre invece di essere invisibile. Perché se l’amore ignora sempre le leggi della fisica e della biologia, la legge talvolta ignora l’amore. A Lorenzo e Martino, infatti, che di genitori ne hanno due, l’ordinamento italiano ne riconosce solo uno per ciascuno. L’altro, per le istituzioni, non è che un mero convivente. Lorenzo e Martino, per la legge italiana, non sono fratelli. “Per il nostro Paese noi siamo quattro simpatici coinquilini che si vogliono tanto bene e che, se trovassero un buon portiere, potrebbero formare un’ottima squadra di calcetto a cinque. Se solo papà Mattia e papà Nicola sapessero giocare a pallone. è questo, il problema.”
Con una scrittura delicata e profonda, Mattia Zecca racconta una storia personale ma anche collettiva, che ci riguarda come figli prima ancora che come genitori, nel nostro diritto assoluto di essere visti per quello che siamo. E, in fondo, getta luce sull’unico senso intimo e universale del desiderio di costruire una famiglia: “Essere genitori è prima di tutto un’occasione: quella di essere i bambini che non siamo mai stati, o che non siamo stati abbastanza, o che non siamo stati come avremmo realmente potuto o desiderato. Essere genitori vorrebbe dire, insomma, tornare bambini, ma imparando a esserlo meglio”.

“Concepirsi genitori è una continua dichiarazione d’amore verso la meraviglia del mondo, e una continua dichiarazione di guerra verso ogni sua bruttura.”

Due papà, due figli: questa è la fantastica storia vera di una famiglia felice per natura, ma invisibile per legge.

Ingresso gratuito con prenotazione obbligatoria  

NB: La partecipazione agli eventi richiede l’uso della mascherina ffp2 secondo le normative covid 19 vigenti.


17 maggio ore 21.00 | Teatro

Prima regionale 
VENERE/ADONE
da William Shakespeare
di e con Danilo Giuva
drammaturgia di Danilo Giuva e Annalisa Calice
regia e spazio Danilo Giuva
luci Cristian Allegrini
suono Francesco Curci
assistente alla regia Luca Mastrolitti
progetto grafico Silvia Rossini
consulenza artistica Valerio Peroni ed Alice OcchialiNordisk Teaterlaboratorium/Odin Teatret
con il contributo del Centro di Residenza dell’Emilia-Romagna “L’arboreto-Teatro Dimora La Corte Ospitale” 2021
produzione Compagnia Licia Lanera
in coproduzione con Teatri di Bari

Venere/Adone è uno spettacolo che parla di fatti dell’amore, della natura umana e dell’incapacità di stare con disinvoltura nel proprio. È, questo, un lavoro che parla a tutti, ma che è necessario che incontri soprattutto un pubblico di adolescenti. Ho scelto di partire da un poemetto: “Venere e Adone” di William Shakespeare – io ci ho messo lo slash perché sono fermamente convinto che entrambi convivano in ognuno di noi – per presentare l’archetipo dell’amore incompiuto attraverso l’elevazione lirica e vertiginosa del bardo per, poi, lanciarmi da quelle altezze per precipitare in una storia d’amore, altrettanto incompiuta, tra due comunissimi essere viventi dello stesso sesso.Ho voluto raccontare il cortocircuito – tutto personale – dei primi momenti, la ricerca della verità, la difficoltà di spiegarsi, la fatica della lotta interna, il senso di incompiutezza ed il dolore che il desiderio inespresso genera. Parla, dunque, questo lavoro di quella condizione che pone ogni essere umano, che si trova a dover gestire i primi tormenti dell’amore, su quella stretta linea di confine tra l’essere e il sentire su cui è necessario trovare un proprio punto di equilibrio in cui stare.Ogni adolescente credo abbia la propria condizione di confine e credo sia necessario parlarne. Io voglio farlo a teatro. Danilo Giuva
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Ogni emozione viene scandagliata: il primo palpito d’amore, tutti gli escamotage utilizzati per frequentarlo, gli sguardi, le speranze e le ritrosie […]. Tutti questi sentimenti vengono trasmessi in scena da Giuva con una sincerità assoluta, diventando paradigmi di tutti i primi amori adolescenziali con le loro speranze e le loro disillusioni.
Mario Bianchi, Eolo
Eco allora ardori e delusioni, incertezze e slanci arditi, fra sesso e tenerezze, con il porsi in scena del protagonista ora inserito nella aulica estenuazione del Mito complice la poesia di Shakespeare, ora in veste più ironicamente giovanilistica, anche con sound da discoteca sullo sfondo. Chiude Venere/ Adone Giuva, in posa con suo collare cinquecentesco: ritratto dell’artista da giovane, un po’ irretito e sconvolto dalla forza di Eros e dei suoi misteriosi sentieri, nel bosco chiaroscuro dell’amore. Applausi al lavoro e all’attore dal pubblico.
Pasquale Bellini, Gazzetta del Mezzogiorno Danilo Giuva, alla sua seconda prova in solitudine dopo lo strabiliante “Mamma”, si impossessa del poemetto shakespeariano ed estremizza la complementarità̀ tra i due personaggi, rendendoli addirittura speculari; ecco spiegato, a nostro modesto parere, il motivo della presenza nel titolo di quello slash, di quella barra, obliqua come la storia che vi si racconta, che non divide ma, al contrario, alimenta un’ulteriore contaminazione tra gli universi idealmente presenti sul palco (uomo/donna; divino/umano; istinto/ragione), aggiungendo alla storia del Bardo un personalissimo tassello, spostando sulla propria pelle, con ironia ed eleganza più uniche che rare, il gioco delle parti, decodicando, coniugando e superando tutti gli archetipi legati all’amore, alla passione, al desiderio.
Pasquale Attolico, Cirano Post Crediamo che la sua collocazione ideale sia quella che lo pone di fronte a un pubblico giovane che tende a leggere una messa in scena per empatia e immedesimazione, preferenzo la realtà, o quella che sembra tale, all’artificio.
Nicola Viesti, Corriere del Mezzogiorno Biglietti – Intero 12€Ridotto 10€ (over 65, under 24, convenzioni)

Acquista online

NB: La partecipazione agli eventi richiede l’uso della mascherina ffp2 secondo le normative covid 19 vigenti.


Nell’ambito di TBQLETTERATURADUEMILA
un progetto del Teatro Biblioteca Quarticciolo
in collaborazione con Biblioteche di Roma

25 Maggio ore 19 |Incontro
Francesca De Sanctis incontra
Liv Ferracchiati – autore del libro Sarà solo la fine del mondo (Marsilio Editori) 

Romanzo di esordio di Liv Ferracchiati – pluripremiato autore e regista teatrale e performer che porta a teatro l’identità di genere, i traumi e il comico della generazione under 40 dell’Italia di oggi – Sarà solo la fine del mondo mette in scena l’inadeguatezza a noi stessi e agli altri e la diversità che sempre ci fa stupendi.

L’autore di questo libro è transgender, il protagonista di questo libro è transgender, ma questo libro non è un’autobiografia, è un romanzo. Anzi, quando comincia, l’io narrante non è ancora nato, nonostante i suoi genitori facciano di tutto perché ciò accada e, nonostante non abbia ancora il corpo, l’io narrante racconta. Sarà solo la fine del mondo è infatti un romanzo sul corpo che, anche quando è in piena salute, può essere percepito come inadatto.

È con il corpo che ci presentiamo al mondo prima di aver imparato a parlare, è intorno al nostro corpo nudo che viene pensato il colore rosa o l’azzurro anche quando non li indossiamo. Così, visto che il corpo è un problema, il protagonista, da subito, comincia a parlare. Prima di nascere parla e non smette più. Parla tanto, si lambicca, eccepisce, critica e discute. Gioca, soprattutto. Sarà solo la fine del mondo segue la vicenda umana e preumana del protagonista, e anche quella oltreumana. Come il Tristram Shandy di Laurence Sterne, ma anche come il cartone animato Disney Soul. Somiglia, questo protagonista, ad Anima 22, che nel cartone animato non ha voglia di incarnarsi e che, appena le capita, percepisce fascino, ma anche insoddisfazione, perché un corpo ha un genere, un’età, e ti mette in relazione in modo troppo univoco con le circostanze. L’io narrante bambino vuole tutto, e non ha problemi di identità, è certo di chi è e di ciò che vuole, poi purtroppo qualcosa cambia: qualcuno, oltre a se stesso, vuole spiegargli chi è, cosa è, e quando è.

Liv Ferracchiati (Todi, 1985) si diploma in regia teatrale presso la Civica scuola di teatro Paolo Grassi di Milano nel 2014. Nel 2017 il suo testo Stabat Mater vince il premio Hystrio nuove scritture di scena, e con Un eschimese in Amazzonia – Trilogia sull’Identità (Capitolo III) si aggiudica il premio Scenario. Nell’agosto dello stesso anno, Antonio Latella seleziona per la Biennale Teatro di Venezia una monografia di tre suoi lavori. Alla Biennale Teatro 2020, una menzione speciale e stata attribuita dalla giuria internazionale a La tragedia è finita, Platonov, riscrittura del dramma di Anton Cěchov, di cui Liv Ferracchiati e anche regista e interprete, in scena a ottobre al Teatro Secci di Terni e al Teatro Morlacchi di Perugia, a novembre al Piccolo Bellini di Napoli e al Piccolo Teatro Grassi di Milano.

Ingresso gratuito con prenotazione obbligatoria  

NB: La partecipazione agli eventi richiede l’uso della mascherina ffp2 secondo le normative covid 19 vigenti.