mercoledì 19 e giovedì 20 ore 21
Come riferita dal testimone Platone
adattamento e regia Adriana Romano
con Maurizio Castè e Paolo Benvenuto Vezzoso
organizzazione Angela Lombardi
Compagnia Mauri Sturno – La Scuola del Teatro
È uno spettacolo indispensabile per far conoscere in maniera nitida e vivissima, il pensiero del primo grande filosofo e martire della libertà di pensiero occidentale. All’epoca del processo Socrate aveva settanta anni, e la sua vita si era intrecciata pur senza esercitare cariche pubbliche con quella dell’ intera democrazia ateniese; il suo insegnamento, la sua “ricerca del vero”, era stato infatti significativamente presente in tutti i problemi che riguardavano l’onestà intellettuale e la sovranità della legge nella società democratica. Attraverso la vita di Socrate è possibile dunque tracciare un’anamnesi viva, originale e palpitante della città di Atene del V° secolo a.C. . Stando a quanto riportatoci da Platone, pare che Socrate abbia voluto difendersi da sé, parlando a suo modo, interrogando i giudici, facendo ironie sui suoi accusatori, con la dialettica che in Atene tutti conoscevano e molti odiavano avendone fatte le spese. Socrate gestì il suo discorso dal vivo: improvvisò, interrogò, confutò, secondo gli itinerari cui lo conduceva il suo intimo divino interlocutore (di lui più forte e luminoso) e a cui (e a nessun altro) decise una volta per tutte di sottomettersi. Da episodio giudiziario, il processo fu dunque sfruttato da Socrate, ormai anziano, per lasciare un messaggio finale ai suoi concittadini: un messaggio forte, non compromissorio, non mistificabile, che confermasse fino in fondo la dirittura morale e la divina vocazionalità di un insegnamento che egli distribuiva, non scritto, a tutti e senza alcun profitto economico o politico, ma per il solo amore per la verità. Il suo insegnamento iniziale e previo è l’umiltà intellettuale, il “sapere di non sapere” e, accusato di essere ateo, Socrate si mostra invece un esperto indagatore dei misteri delfici, eleusini, orfici.
Ecco che Platone, dunque, nel presentarci l’Apologia di Socrate, ci presenta un Socrate guizzante e imprevedibile, felice nel contraddittorio, scevro da ogni captatio benevolentiae, da ogni motus affectuum, e, finalmente, sacerdote di una sublime veglia sul limitare della morte in cui egli assume tutte gli impegni di una legge che pure viene usata pretestuosamente contro di lui. Abbiamo pensato di inserire nella parte finale uno stralcio dal Critone per enfatizzare maggiormente la profonda convinzione di Socrate di operare per il bene fino in fondo… così lo presenta nel “Simposio” il suo grande estimatore Alcibiade: “uno di quei piccoli satiri in terracotta che gli scultori fanno divisibili in due parti e che nel loro interno celano l’immagine in oro di un dio”.
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