da giovedì 17 a sabato 19 aprile ore 21
scritto e interpretato da Bruna Mandolino
regia Paolo Ricchi
musiche originali Maurizio Ponziani
opere pittoriche Mariarosaria Stigliano
sculture lignee Bruno Smocovich
ufficio stampa Andrea Cavazzini
OpenArt
Che esperienze potrebbe fare Alice cresciuta, orfana del paese delle meraviglie, e precipitata nel traffico e nel caos esistenziale e rotatorio di una famigerata Piazza di Roma? Alice da grande è uno spettacolo multimediale e fiabesco che racconta in chiave surreale gli scontri col difficile e ormai precario mondo del lavoro, il bisogno di ricerca e di autenticità nella propria vita, i disagi della scelta creativa. In questa favola irrequieta eppure fiduciosa, c’è anche un gatto del Cheshire che si dilegua non appena la vita incalza. Sfuggendo lascia però una traccia da inseguire: una coda guizzante e appena percettibile, come un sogno, che le permette di “attraversare lo specchio”. Uno spettacolo onirico, che racconta il viaggio della protagonista alla ricerca della creatività perduta. “Alice da grande” si inscrive nell’alveo di quel realismo magico di buzzatiana memoria, fra realtà e magia. Una scena essenziale, sulla quale si collocano una seduta che è un trono metafisico scolpito nel legno, abiti appesi, una valigetta, un dialogo musicale, e l’attrice che dà a ciascuno di questi oggetti e a sé stessa un ruolo via via corporeo, etereo, danzante, clownesco, raccontando una storia che è un percorso di consapevolezza ma anche una vertigine
sognante, attraverso immagini in video, corpo e voce. Il racconto ruota e si snoda intorno a Piazza re di Roma, che è luogo fisico e dell’anima. Alice da Grande è un sequel di una piccola Alice nel paese delle Meraviglie che una volta cresciuta si muove stordita ma piena di energia in una città non città, capitombolando, e danzando nella caduta, nella selva dei sogni, delle ambizioni, e dei progetti, e di quella
difficoltà che gli attori e i poeti hanno nel riconoscersi cittadini della modernità. Alice da grande è anche una surreale e graffiante critica dell’alienazione da contemporaneità. Multinazionali onnivore annientano l’individuo, mentre nell’emarginazione sociale risorgono prepotenti le necessità più profonde: arte, istanze creative, bisogno di abbracciare la complessità, liberazione graduale dal- l’approvazione, ricerca di autenticità. Un’Alice che ha provato ad indossare ogni abito che il suo bisogno di appartenenza e di sopravvivenza le proponeva. Una donna a disagio col quotidiano, una lavoratrice tenace che ha calzato ruoli senza riuscire ad aderirvi fino in fondo. Alla fine ce la farà solo ad essere Alice, l’adulta-bambina ancora curiosa e indagatrice di realtà ambivalenti, di cui il bene e il male sono solo due facce di una verità mai assoluta, ma comunque tinta del rosso vibrante dell’anima.
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